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martedì 19 marzo 2024

INCONTRI D'ARTE — il Blog di Riccardo Ferrucci

Riccardo Ferrucci

Riccardo Ferrucci è nato Pontedera e vive a Calcinaia. Giornalista e critico ha pubblicato numerosi volumi sul cinema e sull’arte. Tra le sue pubblicazioni “Paolo e Vittorio Taviani , la poesia del Paesaggio”, editore Gremese. Ha diretto la rivista letteraria Ghibli ed ha collaborato con importanti istituzioni pubbliche. Attualmente è funzionario della Regione Toscana.

Una favola senza fine: un ricordo di Luca Alinari

di Riccardo Ferrucci - lunedì 16 novembre 2020 ore 07:00

Luca Alinari
Luca Alinari

Vorrei ricordare, a poco tempo dalla scomparsa, Luca Alinari uno dei protagonisti dell’arte italiana e toscana del secondo novecento. La sua ultima grande mostra si è svolta al Museo del Bardo di Tunisiedè l’ultimo viaggio compiuto da questo grande sognatore.Nel 2002 proposi a Alinari di realizzare una mostra in Portogallo, che si concretizzo nella mostra Un cuore che pensa, poi ci fu l’incontro con il premio Nobel Saramago che così parla del suo lavoro: “ Ho avuto modo di parlare di Luca Alinari come di pittore inquietante. Inquietante come spesso è la grande arte. Così la sua pittura contiene una seduzione e, nello stesso tempo, qualcosa di segreto. Non si rivela mai completamente.”

E’ sicuramente uno degli autori più affascinanti nel panorama toscano e questa vecchia intervista ci permette di comprendere la profondità del suo viaggio nell’arte. Luca Alinari abitava a San Donato in Collina in una villa immersa nel cuore verde della Toscana, vicino a Firenze. L’abbiamo incontrato nel 2002 mentre lavorava agli ultimi quadri che deve esporre a Santa Maria da Feira in Portogallo, in occasione del Festival Sete Sòis Sete Luas, che realizza un omaggio al grande scrittore portoghese Josè Saramago.

Che significato attribuisce a questo viaggio portoghese e alla relazione con il grande scrittore lusitano?

Sono innamorato della letteratura e mi è sempre piaciuto il lavoro di Saramago. Alcuni dei suoi libri sono tra i migliori esempi della letteratura contemporanea. Per questo motivo, per me è una grande opportunità e un grande onore.

Recentemente osserviamo opere nelle quali sembra di assistere a un cambiamento poetico, con la ricerca di una leggerezza, un ritorno ai colori blu e bianchi che avevano segnato la tua pittura negli anni sessanta. E’ un cambiamento reale o appartiene ad un semplice momento di passaggio?

Forse non dovrei essere io a giudicare la mia opera, ad ogni modo sono un artista che cerca un contatto con le cose, con successive allusioni al mio lavoro precedente. Di frequente, cito me stesso, perché è un modo per fermare il tempo, fingendo che non sia passato, catturarlo, modificarlo. Aprirlo a nuove suggestioni.

Importanti esposizioni della Biennale di Venezia puntano sulla novità, in rischiose sperimentazioni che spesso corrispondono ad una logica di mercato. In realtà, molte di queste novità le ritroviamo nelle tue opere degli anni sessanta, dove già si sperimentava un linguaggio di ricerca vicino allapop art e alla pittura gestuale.

Non voglio immergermi in una riflessione sul sistema dell’arte, sull’orribile sistema dell’arte, che credo non rifletta assolutamente la realtà dei valori di quel che succede in campo artistico. Il mondo dell’arte è molto più vasto di quello che le istituzioni, il mercato, la stampa specializzata e le stesse gallerie, vogliono fare credere. Per quanto riguarda una mia anticipazione nell’uso di certi materiali e di sperimentazioni tecniche, credo sia necessario, per la storia di questo periodo, per stabilire realmente, i ruoli e le caratteristiche di ogni artista. In ogni modo, alcuni dei miei lavori più datati li sento assolutamente contemporanei e vicini alla realtà che stiamo vivendo. E alcuni critici sottolineano questo aspetto.

Sei un artista profondamente italiano e figlio di questa cultura, credi che il tuo lavoro possa essere capito in un paese diverso come il Portogallo?

Lo spero vivamente. Spero di trovare accettazione e riconoscimenti in terra portoghese. Ogni paese ha sicuramente il suo genio locale, con una sua tradizione storica e visiva. Le tradizioni culturali portoghese e spagnole sono molto diverse e lontane dal mondo italiano, nonostante questo, attualmente il sistema iconografico dei nuovi mezzi di comunicazione ci avvicina tutti. Credo che se un artista è in grado di toccare le corde profonde dell’animo umano con il suo lavoro, può essere compreso in qualsiasi luogo.

Ti senti vicino ad altri artisti che lavorano ad un livello di ricerca comune, o ti consideri un artista solitario?

Troviamo sempre dei compagni di viaggio, probabilmente non li conosciamo e lavorano in posti lontani. Tra le mie preferenze, i miei debiti, penso soprattutto alla pittura del passato. Dalla pittura italiana del XIV secolo fino alla pittura di inizio XX secolo. Tra i pittori del passato più lontano Sassetta, Ambrogio Lorenzetti, per gli occhi, lo sguardo delle figure, lo stesso Giotto. Si parla spesso dei colori violenti della mia pittura, probabilmente erano più aggressivi e moderni i colori della pittura italiana del XIV secolo. Tra i pittori più recenti, Savinio e Klee.

Ci puoi parlare del tuo ultimo quadro nel quale stai lavorando e che porterai all’esposizione di Santa Maria da Feira?

E’ un quadro circolare, con una figura di un uomo e di una donna seduti uno davanti all’altro, ma si nota un senso di solitudine nonostante la loro prossimità fisica. Il titolo è “Dentro di se, contro se stesso”. Il quadro è il tentativo di determinare un dato psicologico che spesso ho avvertito dentro di me, un’avversione a noi stessi, credo rientri in un’economia di auto difesa complessa. E’ qualcosa che già mi influenzava da tempo e che volevo proporre di nuovo: catturare, attraverso la pittura, il dato fugace dell’auto distruzione.

La tua pittura scommette molto sui colori, in tonalità forti, potresti provare a dare una definizione del tuo lavoro artistico? E’ una pittura della felicità o dell’infelicità?

Non lo so, perché l’equazione colore-felicità non è automatica, si possono fare quadri altamente drammatici usando molti colori. Esiste, nonostante tutto, una grande tradizione di critica pittorica che distingue nelle tonalità dei colori l’espressione dei sentimenti, ma sembra una critica superata da nuove forme di sensibilità. E’ tutto il quadro, nel suo significato generale, che ci da una visione del mondo ottimistica o apocalittica. Io penso di oscillare tra i due momenti, come qualsiasi uomo nella vita quotidiana, il mio lavoro nasce essenzialmente dalla vita e non da altri quadri. Nascendo dalla vita, la mia pittura è multiforme, variabile. Tenta di riflettere la varietà e l’infinita molteplicità.

Riccardo Ferrucci

Articoli dal Blog “Incontri d'arte” di Riccardo Ferrucci