La battaglia di Longone, la conquista francese
di Alessandro Canestrelli - martedì 11 ottobre 2022 ore 08:00
(seconda parte)
Il cardinale Mazzarino, plenipotenziario di Francia, nella quarta e ultima fase della ‘Guerra dei Trent’anni’, attacca le coste, i porti e le fortezze tirreniche, in cui le fortezze di Piombino, di Longone e i ‘Presidios’ sono il cardine del sistema difensivo spagnolo nel Tirreno. Nel settembre 1646 un contingente di migliaia di uomini e cavalieri veleggia lungo le coste della Toscana, alla volta di Orbetello. L’intenzione dell’armata navale francese è quella di attaccare un luogo strategico dei ‘dominios’ spagnoli, occupare le fortificazioni e interrompere le comunicazioni navali tra Madrid e Regno di Napoli. Nella battaglia di Orbetello i Francesi sono sconfitti dall’eroismo dei difensori e dalle febbri malariche della Maremma che aprono larghe perdite fra le truppe assedianti. È in questo momento che il Mazzarino vuole conquistare Longone.
Una squadra navale francese arriva nelle acque antistanti al golfo della Stella e, gettate le ancore, sbarca un primo contingente composto di alcuni reparti di cavalleria e numerosi fanti. Nella notte, centinaia di armati sbarcano sulla spiaggia di Ortano e, in manovra di accerchiamento, raggiungono le vicinanze della fortezza, stringendola d’assedio. Terminato lo sbarco di circa tremila uomini, centinaia di cavalli e molti pezzi di artiglieria, i marescialli De La Milleraye e Duplessis-Praslin portano l’attacco alla fortezza, in un assedio la cui eco risuona in tutte le corti europee. A protezione e a copertura del fianco orientale dell’assedio da eventuali attacchi provenienti dalla terraferma, il Duplessis-Praslin si reimbarca alla volta di Piombino, che assedia e conquista nel giro di pochi giorni e, prima di ritornare all’Elba lasciando un forte contingente.
Sulla fortezza si concentra il micidiale fuoco dei cannoni di grosso calibro, per cercare di aprire una breccia nelle mura, ma dal forte si risponde colpo su colpo, si decide di ricorrere al Genio. I genieri scavano una lunga trincea, per avvicinarsi il più possibile alle mura perimetrali della fortezza per far brillare le mine, ma con una improvvisa manovra diversiva gli assediati escono dalle mura e riconquistano alcune posizioni strategiche. Gli Spagnoli si battono assai valorosamente e la resistenza del forte sembra insuperabile quando due intere batterie di cannoni francesi sono colpite dalle cannonate dei difensori e saltano in aria. Così la battaglia va avanti con pesanti perdite da parte degli assedianti che sono respinti in diversi assalti, con morti e feriti anche fra gli assediati.
Il comando francese continua a ricevere rinforzi e rifornimenti di uomini e mezzi e decide di dare l’assalto finale e fa brillare una mina potentissima che riesce ad aprire un grosso varco. Anche questa volta gli Spagnoli, saldamente attestati, riescono a respingere ben sette assalti consecutivi. Quell’esplosione è ricordata nelle cronache e lo stesso Ninci scrive: “(...) Lo strepito dell’esplosione, il fracasso delle mura nella loro caduta e l’orrido rimbombo delle vicine vallate si fanno sentire fin nel prossimo continente d’Italia”.
Il governatore spagnolo della piazza, Alfonso Cobello de Ribera, si convince dell’insostenibilità della difesa, visti i molti morti, i numerosi feriti, l’impossibilità di ricevere rinforzi e viveri, la mancanza di truppe di ricambio e la scarsità del munizionamento. Egli finisce col chiedere pertanto la sospensione del conflitto per avviare le trattative di resa, cosa questa che gli costerà il successivo deferimento alla Corte Marziale, al suo ritorno in Spagna.
A ricordo di così grande vittoria Luigi XIV, il ‘Re Sole’, nel 1702, fa coniare una medaglia d’oro con scritto: “Plumbino et Portu Longo expugnatis, MDCXLVI”.
Alessandro Canestrelli