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Politica mercoledì 18 settembre 2019 ore 17:59

Siena, chi va con Renzi?

I renziani di Siena

Nessuno si sbottona. L'ipotesi più probabile è che "Italia Viva" resti un movimento di sola élite fino al 2023



SIENA — Qualcuno ha già cominciato a guardarsi con sospetto, quasi fosse il gioco dell'omo nero. Chi sta con Renzi? Chi andrà con Renzi? Ma forse la realtà è un'altra e proveremo a spiegarla. Intanto non è detto che qualche chiarimento autentico possa maturare a breve in una prossima presentazione di un libro da parte di Stefano Scaramelli.

Per illustrare il "Renzismo" a Siena partiamo da una foto. E' datata 13 aprile 2017 e ce ne dà la facoltà di utilizzo il decano dei giornalisti senesi, Augusto Mattioli. Presentati proprio dall'oggi consigliere regionale Stefano Scaramelli, sfilarono in Piazza del Campo i sei designati per rappresentare la "mozione renzi" all'assemblea nazionale del partito. Si trattava di Juri Bettollini, sindaco di Chiusi e capolista della mozione, Valeria Donato, responsabile organizzazione provinciale del Pd, Simone Vigni, consigliere comunale a Siena, Alice Raspanti, consigliere comunale a Montepulciano, Roberto Renai del Pd Piancastagnaio, e Raffaella Senesi, sindaco di Monteriggioni. Oggi i ruoli sono cambiati e forse le stesse convinzioni degli allora delegati; quel che conta è che allora la corrente di Renzi contava di poter motivare ventimila cittadini senesi a partecipare alle imminenti primarie.


Oggi lo strappo di Matteo Renzi ci appare come una sorta di scissione a freddo, operata da soli generali. E’, e resterà, soprattutto prevalentemente di parlamentari. Nei territori non si trovano “luogotenenti” pronti a annunciare l’uscita dal Pd. E la ragione più evidente è che siamo in Toscana; soprattutto qui si apprezza il fenomeno, dove a differenza delle altre regioni i renziani hanno in mano anche il governo del partito.

Non è un caso che Renzi abbia annunciato che pensa di partecipare alle elezioni soltanto nel 2023, data di scadenza naturale delle elezioni politiche. Dunque non pensa di partecipare con "Italia viva" a elezioni regionali e comunali anche se probabilmente bisognerà aspettare la prossima Leopolda per avere la conferma di questo quadro. Italia viva, per noi, resterà un partito di palazzo. E questo contesto rimarrà perlomeno per alcuni anni.

Non pare proprio di esser di fronte alla costruzione di un partito che ambisca a radicarsi nei territori, che sia pronto a impegnarsi per le candidature dei vari renziani per gli incarichi nei consigli regionali e comunali. Per questo servono altri movimenti.

La costituzione del governo giallo rosso ha agito come acceleratore delle contraddizioni politiche del Pd in primo luogo, ma non solo. Essa aprirà contraddizioni anche nei pentastellati. Ma questo è un altro discorso. In politica le contraddizioni portano quasi sempre divisioni, spaccature, scissioni. Soprattutto in corpi poco abituati al confronto o comunque “educati” solo ad un confronto tra vertici e non di popolo. Matteo Renzi è da quando non è più leader del Pd che cerca l’occasione per risorgere, uscendo. Ora gli si è presentata l’occasione giusta.

La verità è che Renzi non poteva fare la scissione dentro una crisi politica e alla vigilia di elezioni anticipate. Da questa considerazione è certo maturato il suo ripensamento sui pentastellati, il suo outing in tema e il decisivo contributo che ha dato al varo di una nuova gestione del Paese. Ha difatti bisogno di tempo per consolidare il suo ritorno alla politica da leader, e essere politicamente determinante e poter provare a costruire il proprio partito nel “processo di governo”, nella formazione delle prossime giunte regionali, nel voto per la Presidenza della Repubblica. Vedremo se e come ci riuscirà.

La sua uscita probabilmente determinerà una mutazione nel Pd con il riavvicinamento alle tante anime che il Renzismo aveva lascato per strada. E sempre probabilmente, la fine della vocazione maggioritaria spazzerà via i riferimenti alla sinistra americana per tornare ai lidi più tranquilli del socialismo e della socialdemocrazia. Sicuramente le cose non saranno semplici per il Presidente del Consiglio Conte e il suo governo che si trova a fronteggiare modifiche nel sostegno parlamentare e a dover far fronte a richieste di potere che potrebbero suonargli come ricatti. Chi gongolerà sarà certo Salvini che continuerà nel suo bagno di folla.

Igor Zambesi


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