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mercoledì 04 dicembre 2024

STORIE DI ORDINARIA UMANITÀ — il Blog di Nicolò Stella

Nicolò Stella

Nato in Sicilia si è trasferito a Pontedera a 26 anni e ha diretto la Stazione Carabinieri per 27 anni. Per sei anni ha svolto la funzione di pubblico ministero d’udienza presso la sezione distaccata di Pontedera del Tribunale di Pisa. Ora fa il nonno e si dedica alla lettura dei libri che non ha avuto tempo di leggere in questi anni.

​Di sedici anni più grande di mio padre

di Nicolò Stella - domenica 12 dicembre 2021 ore 07:30

Ho sempre taciuto sulla figura di mio padre sovrapponendola a quella di mio nonno, cavaliere di Vittorio Veneto, ferito in guerra lo stesso giorno e nelle stesse circostanze del suo sottoposto, il caporale Benito Mussolini

Lui, Sergente siciliano, catapultato al fronte in una guerra di confine che non gli apparteneva, che dettava ordini all'interventista e futuro duce del fascismo. Ho sovrapposto la figura di mio nonno per sommergere la delusione per la perdita di un padre morto troppo giovane. Da quel giorno ho sempre affrontato la morte con cinismo e distacco. 

Sono stato più fortunato di lui ho potuto vedere più cose di lui, crescere i figli, vedere i nipoti. Ma quel magone, quella pesante pietra che si era deposita dentro di me, sentendola fra lo sterno e lo stomaco non sono mai riuscito a rimuoverla. 

Quella sera, stavo camminando verso l’ospedale con andamento pesante nonostante i miei 15 anni, Non mi andava vederlo morente, mi avevano ripetutamente richiesto di andarci. Lungo la strada incrociai una ambulanza che veniva in senso contrario, all'interno vidi mio nonno materno e capì che sulla barella c'era mio padre. Negli anni settanta si usava, non fare risultare il decesso all'ospedale e il paziente dopo morto veniva dimesso come fosse sempre vivo, facendo poi risultare il decesso nell’abitazione. Tutti complici e tutti d'accordo. 

Ritornai sui miei passi e mi recai in una zona periferica sedendomi su un’improvvisata panchina, tentando di non piangere e sperando di fuggire da quella realtà. Quando mi sono convinto che nessuno sarebbe venuto a portarmi via, ritornai sui miei passi e andai a casa verso la realtà. Mio nonno morì qualche anno dopo portandosi dietro il peso di aver perso due figli. Diceva sempre che i figli non dovevano morire prima dei padri. Morì con una senilità galoppante che oggi giorno si sarebbe chiamata “halzaimer”. 

Nonostante la malattia tutti i lunedì mattina mi chiedeva sempre "cosa ha fatto ieri l'Ambrosiana?". E io, "nonno non si chiama più Ambrosiana. Si chiama Internazionale ma noi la chiamiamo Inter". Negli anni 50 aveva vinto con una schedina alla Sisal, e per vent'anni giocò lo stesso sistema senza più centrare il 13. 

Nonostante le mie domande non volle mai raccontarmi della grande mattanza della guerra del 15/18, mostrandomi solo le sue ferite. Dopo la guerra ritornò al paese di origine riprendendo la sua attività di ebanista artigiano sino al 1924 quando, dopo la frana di San Fratello il piccolo centro fu visitato da Benito Mussolini. La Prefettura di Messina aveva fatto sede provvisoria presso l'ufficio del Podestà di Sant'Agata di Militello. Come adesso, anche allora si usava ossequiare i politici e soprattutto quelli che detenevano il potere. Tanto più chi si appresta a diventare dittatore. 

Quel giorno mio nonno rimase al lavoro e non affollò Piazza Vittorio Emanuele, lo spiazzo antistante il palazzo del Podestà, così come aveva fatto gran parte della popolazione. Quella mattina si vide piombare nella bottega il Maresciallo dei Carabinieri che gli ordinò di seguirlo in Municipio. Pensò a cosa avesse mai combinato. Lungo il tragitto il Maresciallo gli disse che il Presidente del Consiglio aveva chiesto sue notizie e che avrebbe gradito riceverlo. Arrivò in Piazza trafelato. Il Maresciallo avanti e mio nonno dietro. Molti si chiesero: “come mai Don Nicola Stella è stato tradotto dai Carabinieri?” 

Nel frattempo mio nonno fu fatto entrare nell'ufficio. Mussolini appena lo vidi si mise sull'attenti, salutando militarmente il suo vecchio comandante e collega di sventura, dato che entrambi erano rimasti feriti il 23 febbraio 1917, sul Carso nelle vicinanze del lago Doberdo'. Quella mattina scoppio la canna surriscaldata di una lancia granata colpendo chi stava attorno. Mio padre proseguì la sua vita facendo "u mastru 'i chiazza". Si chiamava così la guardia comunale che nei paesi siciliani sopraintendeva all'ordine della Piazza e alle attività commerciali. Per circa 40 anni fu custode e garante della disciplina e dell'osservanza dei doveri civici da parte dei cittadini. Sempre presente e sempre in servizio, delegò alla moglie far crescere i figli. Fu una istituzione e la sua figura fu ricordata sino a dopo la sua morte e portata ad esempio per l'alta e totale dedizione al dovere. 

Un giorno un detenuto, eludendo la sorveglianza dell'unico custode del carcere mandamentale, scavalcò il muro di cinta e fuggì. Quando le campane della Chiesa suonarono l'allarme, le forze dell'ordine si mobilitarono per dare la caccia all'evaso, ma senza alcun successo. Anche mio nonno si dette da fare per poterlo rintracciare. La sera stessa intorno a mezzanotte, lo incontrò lungo una via buia. Il fuggiasco gli andò incontro dicendogli che lo stava aspettando per spiegargli i motivi dell'evasione. 

La moglie, incinta e con due figli piccoli, non aveva di che vivere pertanto aveva ritenuto necessario evadere per vedere la reale situazione. Il detenuto gli fece la promessa che il giorno dopo si sarebbe costituito, gli confidò che avrebbe trascorso la notte con la moglie e i figli. La sera successiva quando il paese era immerso nel sonno più profondo e non c'era in giro nessuna anima viva "u mastru 'i chiazza" sentì bussare alla sua porta. Accese il lume a petrolio, e appena aprì si trovò davanti il fuggitivo, il quale aveva mantenuto la promessa. Ora che aveva visto la moglie, e si era assicurato che non correva alcun pericolo, era andato da lui per costituirsi, scavalcando sia le Guardie di Pubblica Sicurezza che i Carabinieri. 

Nicolò Stella

Articoli dal Blog “Storie di ordinaria umanità” di Nicolò Stella