Una storia per Natale
di Nicolò Stella - martedì 28 dicembre 2021 ore 07:30
Michelino era Michelino, non era contento di quel diminutivo che si portava addosso e che poi gli allungava e non diminuiva il vero nome, ricevuto in eredità. Si sarebbe dovuto chiamare Nicola, per un voto fatto dalla mamma e S. Nicolò Politi, un cristiano ortodosso dei primi dell'anno mille, fattosi eremita e morto in odore di santità ad Alcara li Fusi, piccolo centro nebroideo che lo eresse a patrono e soprattutto a protettore del paese costruito sotto una friabile rocca dolomitica. Ma ha dovuto rispondere alle regole del secondo figlio maschio. Era d’obbligo tramandare il nome del nonno materno. Michelino era Michelino e veniva trattato da “Michelino”. Non era diverso dagli altri era solo più vero degli altri ragazzi, della sua età anzi della nostra età.
Michelino era Michelino ed era amico di tutti, rossi e neri. Anni bui quegli, ma lui riusciva a dialogare sia con Nietzsche che con Marx. Michelino era Michelino e lo distingueva quell'amore adolescenziale non corrisposto per una ragazzina carina che tutti chiamavamo Angelina per via della sua corporatura minuta. Michelino era Michelino e trascorreva intere giornate al bar solo per vederla passare. Gli bastava anche intravederla seduta, sul sedile posteriore della macchina del padre, mentre osservava la strada dalla porta opposta. Dalla parte opposta, perché immaginava che al bar c'era lui.
Non era infastidita, ma non voleva che con un suo sguardo potesse creare illusioni e non intendeva offenderlo con altri tipi di sguardi. Angelina voleva solo che Michelino si convincesse che fra loro non poteva esserci niente. Il perché non lo sapeva nemmeno lei, forse solo perché Michelino era Michelino. E poi quel diminutivo non gli si addiceva per niente, era abbastanza corpulento e nonostante l'astinenza dal mangiare non riusciva a dimagrire.
Quel Natale si piazzò di prima mattina davanti al bar, passaggio obbligato per raggiungere la chiesa. La vide passare insieme a quella cugina che sapeva tutto e le dispiaceva anche per i tormenti d’amore di Michelino, ma non se la sentiva di farle cambiare idea, perché Michelino era Michelino. Gli anni passavano e l'amore platonico unidirezionale non cessava. Non cessò nemmeno quando la vide per la prima volta con il fidanzato. Lo incontrai, aveva gli occhi arrossati e lucidi di un pianto represso. Cercò di dissuadermi dal chiedergli che cosa avesse. Ora si faceva tutto più difficile, tutto più improbabile. Gli dissi che era l'ora di mettersi alla ricerca del vero amore, stavolta ricambiato. Mi rispose che in quel senso lì non riteneva di avere un futuro.
Non si sposò mai. Nemmeno dopo avere visto Angelina, nascosto dietro gli scuri di una finestra di casa di un amico, uscire dalla chiesa in abito da sposa. Subito dopo avere pronunciato quell’atteso "si" di amore eterno che lui le aveva promesso, anche se solo a sé stesso, tanto tempo prima.
La vita di Michelino trascorse fra un lavoro precario e l’altro, sino a giungere al sospirato impiego a tempo indeterminato. Angelina diventata donna, e per questo la chiameremo da adesso in poi, Angela, aveva una vita coniugale apparentemente felice completata dalla nascita di un figlio. A Michelino ci pensava solo quelle poche volte che lo incontrava e che lui, con un sorriso e un inchino da gentiluomo, timidamente le accennava il saluto. Lei iniziò a rispondere con un sottilissimo "ciao". Di fatto non si erano mai parlati. Tutti e due sapevano che l’altro sapeva.
La vita proseguiva, il figlio di Angela cresceva e Michelino rimaneva fedele alla sua promessa. Mai una fidanzata, mai una storia sentimentale nella sua vita. Non avendo una base solida il matrimonio di Angela iniziò a sgretolarsi. Continui litigi serali, lunghi periodi di silenzi fecero sì che la coppia decise di separarsi. Dopo la prima udienza il Giudice dispose che il marito doveva lasciare la casa coniugale. Le prime notti a fare compagnia a Angela rimase la cugina, quella di sempre, quella che le era stata sempre accanto . Una settimana, due settimane e poi il tutto si azzera e si ritorna alla normalità. Le serate di Angela da sola in casa non erano poi così noiose per via del figlio che si avviava all'adolescenza.
Una sera, a casa di Angela squillo il telefono: "Pronto?" "Sono Michelino, ti disturbo?" Un lungo silenzio trascorse fra i due capi del telefono. Michelino pensò: "ecco ho combinato l’ennesima cazzata". Subito dopo una voce stanca rispose: "no, non disturbi, forse aspettavo questa telefonata da tempo, anche se speravo non arrivasse mai." "Se vuoi chiudo... ti chiamo un'altra volta". “No, non chiudere. Aspetta, spengo il televisore… hai saputo della mia separazione?” “Sapevo tutto già da tempo ma prima di telefonarti ho voluto aspettare, avevo paura di sbagliare.” “La vita può presentarsi con il suo conto salato. Gli errori si pagano e io li sto pagando.”
Le telefonate si replicarono tutte le sera, praticamente alla stessa ora. Prima cinque, sei minuti poi dieci infine mezz'ora con un finale del tipo "chiudi te, no chiudi prima te". Incontrandosi per strada continuarono a salutarsi come semplici conoscenti sino a quella sera che Michelino azzardò: "domani sera possiamo uscire insieme se vuoi.” Dove vuoi andare? Non mi va che la gente possa pensare che mi sono separata perché avevo l'amante segreto.” La sera dell'appuntamento lei raggiunse il parcheggio del supermercato già chiuso per via dell'orario. Michelino l'attendeva da una buona mezz'ora. Entrò in macchina e lui la mise in moto. Non parlarono per dieci chilometri. “Ho pensato a un ristorante a vicino al mare. Arriveremo fra mezz'ora, ho già prenotato.” “Guarda che alle undici voglio essere a casa. Domani mattina Giuseppe deve partecipare a un incontro dei boy scout e devo passare da casa di mia madre a prenderlo.”
Durante la cena si raccontarono reciprocamente di alcune scene che avevano vissute da ragazzi quando lui si nascondeva per vederla passare o quando andava durante la ricreazione nel cortile della scuola mettendosi a parlare con i compagni della classe ma struggendo per lei che rimaneva a distanza e a volta nel vederlo rientrava in classe. Il tempo passò velocemente e prima ancora che il cameriere potesse ricevere la comanda del dolce, si alzarono e raggiunsero l'uscita. Il ritorno fu silenzioso sino al parcheggio quando lui gli chiese se quella sera poteva chiamarla. Le rispose che era tardi e che si sarebbero sentiti il giorno dopo. Michelino arrivò a casa, un alloggio che aveva sempre condiviso con sé stesso. Quella sera gli sembrò meno vuoto. Aprì il frigo, prese una Coca Cola e ne bevve, tutto di un fiato, almeno 22 centilitri dei 33 della lattina. Era sempre stato goloso di Coca Cola ma quella sera aveva avvertito un sapore nuovo, diverso, più agre ma nello stesso tempo di una dolcezza che non avrebbe saputo descrivere. Accese la televisione soffermandosi a sentire la chiacchierata di due politici che dicevano la stessa cosa con parole diverse. Si alzò per andare a dormire ma lo squillo del telefono interruppe quel torpore che lo stava pian piano avvolgendo. Andò a rispondere senza neanche chiedersi chi poteva essere a quell'ora.
"Sono io". Non se l'aspettava. “Ciao, sono contento che mi hai chiamato.” “Si ti ho detto in quel modo ma poi sono stata assalita dai sensi di colpa. Sono stata bene stasera e poi quante risate ci siamo fatti.” “Si, soprattutto quanti sfottò mi hai fatto.” “Non volevo ferirti.” “No, no” “Sai stasera ho capito una cosa. Per colpa mia hai sofferto tanto.” “Ma io non mi accorgevo nemmeno che soffrivo, mi ero abituato… e se poi ho sofferto, ho sofferto volentieri.” “Il prossimo sabato vorrei ritornare in quel ristorante, ho visto che è sulla guida Michelin.” Si l'ho visto anch'io anzi l’ho capito quando mi hanno dato la ricevuta fiscale. “Michelino non ricominciare a fare il Michelino di una volta. Allora sabato offro io.” “Mai.” Rispose lui. Si misero a ridere e infine si salutarono.
In quel ristorante ritornarono tutti i sabato in avanti, tanto da diventare dei clienti attesi sia dai camerieri che dal cuoco che iniziò a cucinare dei piatti solo per loro. Incominciarono a riconoscersi per strada, a salutarsi soffermandosi e a fare colazione insieme. Poi iniziò ad accompagnarla sino all'ufficio. Arrivò l'estate e iniziarono le attività esterne dei boy scout e il figlio di Angela, divenuto esploratore partì per il campo estivo.
Quel sabato Angela sorprese Michelino invitandolo a cena a casa sua. Michelino per quella sera comprò una maglietta nuova ebbe qualche difficoltà per la misura ma trovo una t-shirt bianca con un piccolo coccodrillo verde. La indossò perfettamente, passò dall'enoteca, comprò un vino dallo strano nome, "Grillo" di una azienda di Marsala. Non era esperto di vini. Di Coca Cola sì, sapeva perfettamente dove veniva imbottigliata ma di vino, non era un intenditore, al massimo aveva bevuto quello fatto dall'uva pestata con i piedi, nel palmento dello zio Nicola. Mangiarono e risero a lungo, scambiandosi i primi baci. Quella sera Michelino rimase a dormire a casa di Angela. Vissero ognuno a casa propria sino al giorno del matrimonio. Ebbero poi un figlio e Michelino iniziò a farsi chiamarsi Michele.
Nicolò Stella