I soprannomi dei tangheri
di Maria Caruso - martedì 05 gennaio 2016 ore 07:05
I tangheri come del resto anche “gli altri” nella vita normale spesso hanno un soprannome che in genere è un elemento onomastico aggiunto al nome personale. Tale usanza molto antica risale e ai tempi di Dante intesa come costituente aggiunto per designare la persona più precisamente.
Nell’ambiente del ballo argentino ci conosciamo circa tutti e come richiede il galateo, si chiede sempre il nome e qualche altro dato ma non ci si addentra di solito a domandarne il cognome. Nelle nostre “sartorie”, pertanto, diamo un soprannome caratteristico per identificare il soggetto per non lasciare dubbi al nostro interlocutore. In Sicilia il soprannome è detto “li ngiurii” ed è parte integrante della cultura sicula ma guai però a rivolgersi direttamente a una persona con la sua “ngiuria” poiché offensiva (anche se la fabbrica è sempre attiva e fiorente).
Da noi dunque abbiamo diversi personaggi che fra i più chiamiamo con il loro soprannome. Il primo della lista è “Pasticchina”: un tanghero maturo sia fisicamente sia tecnicamente. Tale nomignolo viene dal fatto poiché voci di corridoio sostengono che essendo sposato con la moglie malata, prima di venire a ballare da un tranquillante alla moglie per potersi godere le sue serate in milonga.
Altro soggetto da menzionare è “Golfino” nostro assiduo frequentatore che ha solo un particolare degno di nota perché come ballerino non è un granché e cioè porta sempre i calzoni alla caviglia corredati da calzini bianchi corti al polpaccio che staccano bene cromaticamente sul pantalone scuro, insieme a un golfino di lana (sempre il solito) che non toglie nemmeno quando fuori c’è un caldo sahariano costringendo le povere tanghere (perlopiù solo le principianti, infatti, accettano il suo invito) a saune mitiche.
Parliamo ora di “Porcino” che è un tipetto piccolo di statura abbastanza bravino da potersi permettere di assumere ad hoc la “cattiva postura” mentre balla cosicché la donna nell’eseguire il suo ocho adelante finisce inevitabilmente con lo sfiorarne il balcone, poiché egli appunto si accontenta miseramente di così poco. La sua battuta patetica infatti: “E’ la sola cosa che riesco a togliere alle donne!” dopo aver sfilato e mandato in aria la scarpa della ballerina ci delucida del perché.
Altro personaggio caratteristico è “Braccino” così menzionato perché durante le tande melodiose del tango oltre che a cantarle nell’orecchio della ballerina, traducendole per giunta, per chi non conosce la lingua, alza e abbassa il braccio continuamente a ritmo di musica. Quando la ballerina focalizza il suo sguardo su tale gesto come a domandare tacitamente il perché di tutto ciò e si sente rispondere: “E’ il mio erotismo che si sfoga in questo modo…” beh non credo servano altre parole di spiegazione a questo punto.
“Mano lunga” è invece il tanghero che con nonchalance fa scendere il suo braccio lungo la schiena della tanghera che a quel punto (come può) tenta di allentare l’abbraccio. L’uomo imperterrito continua ad andare in su e in giù per l’intera durata di tutta la tanda con un’anda e rianda… snervante per la donna. Ma perché è lecito chiedere?.
Tra i cavalieri abbiamo anche "Fred Astaire" (per la verità è un po’ che non lo vediamo più nelle milonghe) che aspetta ore prima di degnarsi nell’interpretare un brano musicale con i suoi passi felpati poiché balla benissimo.
Altro aitante tanghero è "Cavallo Pazzo" per i suoi show che se fosse solo in pista sarebbe ammirevole per la sua bravura ma che spesso invece è “mina vagante” che causa incidenti e cattivo umore tra i ballerini.
Tra le donne abbiamo "Crudelia Demon", molto appariscente e molto esibizionista che ci da dentro di gambe con spacchi vertiginosi e vestiti corti per farsi ammirare dai presenti.
Tra le coppie la "il" lasciando immaginare il perché di tale soprannome ed il loro stare insieme che ovviamente non sono fatti nostri.
A a questo punto sarei curiosa però di sapere che tipo di soprannome mi è stato assegnato poiché come si sa che il diretto interessato non sa mai nulla; pertanto se qualcuno lo conosce, non mi offendo se me lo vorrà riferire anche perché lo spirito di questo scritto è solo ironico e non vuole per niente essere offensivo.
Maria Caruso