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venerdì 13 dicembre 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​Il populismo di “Bibi” per l’Occidente: portare la guerra dovunque

di Adolfo Santoro - sabato 21 ottobre 2023 ore 08:30

Benjamin "Bibi" Netanyahu
Benjamin "Bibi" Netanyahu

Benjamin "Bibi" Netanyahu è stato, negli ultimi ventisette anni, per diciassette anni il primo ministro israeliano ed ha modellato, soprattutto negli ultimi anni, quello che è ora Israele.

Per comprendere la motivazione di Bibi bisogna conoscere la storia della sua famiglia, del fascismo della destra israeliana odierna e degli intrecci tra la destra israeliana e quella degli Stati Uniti (e dell’Unione Europea). Bisogna conoscere il “sionismo”, quell’ideologia politica basata sul ritorno alla “Terra promessa”, un mito proprio di una parte degli ebrei, un’etnia patriarcale e monoteista. Non bisogna perciò confondere l’essere ebreo con lo Stato di Israele, che è il risultato di prevaricazioni e di violenze; numerosi ebrei, anzi, hanno contrastato l’ideologia sionista.

Il giornalista ebreo progressista Isidor Feinstein Stone scrisse, ad esempio, nel 1967 subito dopo la guerra dei sei giorni: “... Israele sta creando una sorta di schizofrenia morale negli ebrei. Nel mondo esterno, il benessere degli ebrei dipende dal mantenere società laiche, non razziali, pluralistiche. In Israele, gli ebrei si trovano a difendere una società in cui i matrimoni misti non si possono legalizzare, in cui l'ideale è razzista ed escludente. Gli ebrei possono lottare altrove per la loro stessa sicurezza e per la loro stessa esistenza - contro principi e pratiche che in Israele si trovano a difendere.”.

In una lettera indirizzata al New York Times da intellettuali ebrei tra cui Albert Einstein, Hannah Arendt e Sidney Hook, pubblicata nel dicembre del 1948, si legge: “Tra i fenomeni politici più inquietanti dei nostri tempi c’è l'emergere nel neonato Stato di Israele del “Partito della Libertà” (Tnuat Haherut), un partito politico strettamente simile per organizzazione, metodi, filosofia politica e fascino sociale al Partito nazista e ai Partiti fascisti. È stato formato dall’appartenenza e dal seguito dell’ex Irgun Zvai Leumi, un’organizzazione terroristica, di destra e sciovinista in Palestina. L'attuale visita di Menachem Begin, leader di questo partito, negli Stati Uniti è evidentemente calcolata per dare l'impressione di un sostegno americano al suo partito nelle prossime elezioni israeliane e per cementare i legami politici con gli elementi sionisti conservatori negli Stati Uniti. Diversi americani di fama nazionale hanno prestato il loro nome per accogliere la sua visita. È inconcepibile che coloro che si oppongono al fascismo in tutto il mondo, se correttamente informati sui precedenti politici e sulle prospettive di Begin, possano aggiungere i loro nomi e il loro sostegno al movimento che rappresenta.

Prima che si verifichino danni irreparabili attraverso contributi finanziari, manifestazioni pubbliche a favore di Begin e la creazione in Palestina dell’impressione che un ampio segmento dell’America sostenga gli elementi fascisti in Israele, il pubblico americano deve essere informato sulla storia e sugli obiettivi di Il signor Begin e del suo movimento. Le pubbliche confessioni del partito di Begin non forniscono alcuna indicazione sul suo vero carattere. Oggi parlano di libertà, democrazia e antimperialismo, mentre fino a poco tempo fa predicavano apertamente la dottrina dello Stato fascista. È nelle sue azioni che il partito terrorista tradisce il suo vero carattere; dalle sue azioni passate possiamo giudicare cosa ci si può aspettare che faccia in futuro.

Un esempio scioccante è stato il loro comportamento nel villaggio arabo di Deir Yassin. Questo villaggio, lontano dalle strade principali e circondato da terre ebraiche, non aveva preso parte alla guerra e aveva persino respinto le bande arabe che volevano utilizzare il villaggio come base. Il 9 aprile, bande terroristiche hanno attaccato questo pacifico villaggio, che non era un obiettivo militare nei combattimenti, uccidendo la maggior parte dei suoi abitanti – 240 uomini, donne e bambini – e tenendo in vita alcuni di loro per sfilare come prigionieri per le strade di Gerusalemme. La maggior parte della comunità ebraica rimase inorridita dall'atto e l'Agenzia ebraica inviò un telegramma di scuse al re Abdullah della Trans-Giordania. Ma i terroristi, lungi dal vergognarsi del loro atto, erano orgogliosi di questo massacro, lo pubblicizzarono ampiamente e invitarono tutti i corrispondenti esteri presenti nel paese a vedere i cadaveri ammucchiati e lo scempio generale a Deir Yassin. All’interno della comunità ebraica hanno predicato una mescolanza di ultranazionalismo, misticismo religioso e superiorità razziale. Come altri partiti fascisti, sono stati utilizzati per reprimere gli scioperi e hanno insistito per la distruzione dei sindacati liberi. Al loro posto hanno proposto sindacati aziendali sul modello fascista italiano…”.

Il nonno di Bibi, Nathan Mileikowsky, che nel 1922 cambiò il cognome in Netanyahu (“donato da Dio”, che era lo pseudonimo con cui firmava i suoi articoli polemici), era un ebreo lituano, non per caso: dalla Lituania proveniva il nocciolo duro della destra sionista. La famiglia Mileikowsky aveva un lunga tradizione rabbinica: Nathan, nel 1990 – quando aveva dieci anni – fu mandato a studiare nella scuola religiosa di Volozin in Polonia; a diciotto anni era rabbino e a venti (influenzato dalla lettura de “Lo Stato ebraico” di Thaodor Herzl, pubblicato nel 1996) aveva tenuto per il mondo una serie di conferenze. Bibi così racconta nel suo libro “A Place among the Nations”: “Una delle innumerevoli anime spinte all’azione dal messaggio di Herzl fu mio nonno Rabbi Nathan Mileikowsky, che fu convertito al sionismo quando era ragazzo alla fine degli anni 1890, diventandone uno dei principali oratori, diffondendo il suo messaggio agli ebrei dalla Siberia al Minnesota. Tempo dopo, nel 1920, seguendo le sue stesse esortazioni, salpando da Trieste per Giaffa, decise di portare la sua numerosa famiglia in Palestina, per stabilirvisi”. All’interno del sionismo la famiglia Mileikowsky era divisa in due: c’erano quelli che avrebbero voluto creare lo stato israeliano in Uganda, ma Nathan, come altri che sarebbero diventati i fondatori della destra sionista, avrebbe voluto l’emigrazione in Palestina già nel 1910, ma lo scoppio della prima guerra mondiale fece rimandare il suo trasferimento nel 1920, dove fu raggiunto subito dopo dalla sua famiglia.

Il padre di Bibi, Benzion, entrò nell’”Unione dei Sionisti Revisionisti”nel 1928 e presto divenne il direttore del quotidiano “Jordan” che si opponeva alla leadership socialista e gradualista del sionismo; dopo aver fallito la carriera accademica nel Mandato britannico, Benzion si trasferì a New York, dove, per dieci anni, fu assistente personale del leader sionista dissidente Ze’ev (Vladimir) Jabotinsky e, aiutato da un ramo della sua famiglia che era diventato un magnate dell’acciaio negli USA, si dedicò all’opera di “pressione” dell’opinione pubblica e degli attori politici americani a favore della causa sionista. Era, insomma, uno di quelli avversati da Einstein e dalla Harendt.

Ma chi era Jabotinsky? Era un attivista-oratore-scrittore-poeta, nato a Odessa (allora parte dell’impero russo) e formatosi all’Università La Sapienza di Roma. Costui fondò nel 1925 l’”Unione dei Sionisti Revisionisti” (diventato “Partito Hirut” con la fondazione d’Israele nel 1948 e infine, nel 1973, “Likud” in seguito alla fusione con altre formazioni). Per Jabotinsky lo scopo non era solo un unico Stato ebraico, ma un unico Stato che unificasse ambedue le rive del Giordano: gli arabi di Palestina e Giordania dovevano diventare una minoranza interna a Israele con diritti civili, ma senza possibilità di auto-determinazione. Egli riconosceva nell’Italia di Mussolini una “patria spirituale” ed aveva strutturato il movimento giovanile “Betar” del suo partito sul modello di idee e simboli fascisti; Mussolini, da parte sua, fino al 1936 (cioè fino a quando non si alleò con Hitler, notoriamente anti-ebraico) era favorevole alla creazione rapida di uno stato ebraico in Palestina e portava avanti questa alleanza in funzione anti-britannica: la marina inglese dominava allora il Mediterraneo e gli inglesi erano mal visti dai sionisti estremisti perché sostenevano un insediamento graduale degli ebrei in Palestina; coerentemente con l’appoggio al sionismo Mussolini era stato pubblicamente benedetto dal rabbino Aldo Lattes ed aveva affermato in privato: “Perché il sionismo abbia successo, dovete avere uno Stato ebraico con una bandiera e una lingua ebraiche. La persona che lo capisce è il vostro fascista, Jabotinsky”. In Italia i fascisti del post-dopoguerra si sono ispirati sia alle posizioni pro-Israele del “Duce” (come quelle dei “post-fascisti” alla Fini, alla Salvini – che nel 2011 ha siglato un accordo d’intesa col partito ultra-nazionalista “Israele CasaNostra” - ed alla Meloni-revisionista), sia alle posizioni anti-ebraiche (come quelle della Meloni “pre-post-fascista” e dei “fascisti fedeli alla Repubblica di Salò”, che, com’è noto, collaborò nella deportazione degli ebrei verso i campi di sterminio). Jabotinsky si era staccato dal movimento sionista più ampio, al quale aveva aderito nel 1903 dopo i pogrom antisemiti in Russia, a causa di quello che considerava un atteggiamento remissivo della leadership nei confronti della Gran Bretagna, cui era stato affidato, nel 1920, un “mandato” sulla Palestina, ma che aveva disatteso la promessa di stabilirvi un “focolare nazionale” ebraico. Fervido nazionalista, Jabotinsky credeva che soltanto una “muraglia di ferro di baionette ebraiche” avrebbe garantito lo Stato ebraico, ma allo stesso tempo si proclamava liberal-democratico e scriveva di rifiutare il fascismo e il culto della personalità, anche se durante i primi anni del movimento alcuni membri furono apertamente identificati come fascisti e la sua leadership rimase di fatto indiscussa fino alla sua morte nel 1940.

Nel 1946, a New York, nacque il fratello maggiore di Bibi, Yonathan, che per lui divenne un modello di vita: arruolato nell’esercito nel 1964, servì poi in un’unità militare delle forze speciali israeliane, combatté durante la guerra arabo-iraeliana dei Sei giorni e morì in un’azione anti-terroristica volta a liberare alcuni israeliani presi in ostaggio durante un dirottamento da parte di musulmani.

Bibi nacque a Tel Aviv nel 1949, visse i suoi primi nove anni a Gerusalemme, poi la famiglia raggiunse il padre, ma Bibi trascorreva l’estate in un kibbutz, dove fu indottrinato al pensiero anti-socialista e liberista. La sua formazione fu così influenzata da una serie di fattori, che ne fecero un propugnatore della politica liberista e della “pace attraverso la forza (“peace through strength”), propagandata dai repubblicani (da Reagan in poi), un populista, galvanizzatore di folle mentalmente predisposte al fascismo e alla religiosità integralista con la convinzione “gli arabi non saranno mai democratici, faranno sempre la guerra, vanno solo dominati”. A 18 anni Bibi rientrò in Israele arruolandosi nelle unità speciali in cui si era arruolato il fratello e partecipò a varie operazioni e guerre raggiungendo il grado di capitano. Si ritirò poi dall'attività militare per studiare in America, dove concluse i suoi studi come dottore in scienze politiche. Tornò in Israele nel 1978 per fondare l'Istituto Anti-Terrore Yonatan Netanyahu, intitolato al fratello, morto due anni prima; questo Istituto fu il trampolino di lancio della sua carriera politica: tra il 1984 e il 1988 fu Rappresentante Permanente di Israele all’ONU, fu eletto nel Parlamento israelita, nel 1993 divenne il leader del partito conservatore Likud e nel 1996, dopo la morte del leader laburista Rabin (assassinato da un estremista di destra israeliano, convinto che Rabin, concludendo gli accordi di pace con Arafat, avesse tradito la nazione), vinse le elezioni sovvertendo i pronostici (grazie anche ad una serie di attentati terroristici palestinesi ed all’opera di Arthur Finkelstein, già responsabile politico del Partito Repubblicano degli USA e che consigliò lo slogan vincente contro Simon Peres: “Peres dividerà Gerusalemme”) e diventando il più giovane primo ministro dal 1948. Da primo ministro iniziò il suo doppio-gioco: fingeva di voler negoziare con Arafat, ma di fatto sabotava i negoziati; al proposito il giornalista del Corriere della Sera Antonio Ferrari scriveva qualche anno fa: “Quando mi chiedono chi è il leader più bugiardo che abbia incontrato, ho pochissimi dubbi: indiscutibile prevalenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu … Questo camaleonte del potere, che fa vergognare gli israeliani liberal, che sono la componente più importante e seria del paese, è davvero un bugiardo patentato… un bugiardo seriale.”. La motivazione di Bibi è la “Terra Promessa” ed una promessa fa al suo giovane figlio: quella di trasformare Tel Aviv in una città simile a New York; per mantenere questa promessa ha finito per snaturare la democrazia israeliana sdoganando gli “impresentabili” oltranzisti di destra e gli “impresentabili” ultra-ortodossi.

Alcune “perle” di Bibi sono 1) le sue dichiarazioni nel 2015, secondo cui Adolf Hitler non aveva intenzione di sterminare gli ebrei, ma voleva solo deportarli in Madagascar, 2) l’aver fatto scrivere nel 2018 nella Costituzione di Israele che “lo Stato di Israele è uno Stato etnico-razziale”, 3) l’essere stato incriminato nel 2019 per corruzione, frode e abuso di ufficio al fine di favorire aziende di comunicazione ed importanti uomini d'affari (ne è conseguito il tentativo di riforma della giustizia allo scopo di imbavagliare i giudici), 4) i fumosi e fallimentari “accordi di Abramo”, siglati con la mediazione del “genio” Trump e destinati a dividere il mondo arabo, secondo il motto degli antichi romani “Divide et impera”, 5) (soprattutto) la continua erosione del territorio palestinese operata dagli insediamenti dei “coloni”, 6) (soprattutto) l’aver foraggiato Hamas in funzione anti-Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) con l’obiettivo di indebolire la presenza dell’OLP in Cisgiordania, in modo da poterla, prima o poi, annettere.

La prossima settimana continuerò ad esaminare come “questo camaleonte del potere” sia riuscito ad essere il modello di tutti i populismi dell’Occidente e come i giovani ultra-ortodossi israeliani siano riusciti ad organizzare un rave-party in prossimità della striscia di Gaza provocando un’escalation della violenza negli oltranzisti di Hamas, che aspettavano solo l’occasione per scatenare la loro collera.

Adolfo Santoro

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