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martedì 08 ottobre 2024

PSICO-COSE — il Blog di Federica Giusti

Federica Giusti

Laureata in Psicologia nel 2009, si specializza in Psicoterapia Sistemico-Relazionale nel 2016 presso il CSAPR di Prato e dal 2011 lavora come libera professionista. Curiosa e interessata a ciò che le accade intorno, ha da sempre la passione della narrazione da una parte, e della lettura dall’altra. Si definisce amante del mare, delle passeggiate, degli animali… e, ovviamente, della psicologia!

"La memoria che solo gli anziani hanno"

di Federica Giusti - venerdì 17 luglio 2020 ore 16:37

Degli anziani si è parlato molto, da tanti punti di vista. Se ne è parlato soprattutto quest’anno a causa del Covid, essendo proprio gli anziani la popolazione maggiormente colpita dal virus. Si parla molto anche di memoria storica degli anziani.

Sicuramente uno degli effetti maggiormente noti dell’invecchiamento è proprio la perdita di efficienza mnestica, con annesse difficoltà nel tenere in mente cosa dovremmo fare a breve, nel ricordare nomi e nel contestualizzare i ricordi. Ma ci sono ricordi che, spesso, rimangono vividi anche a distanza di molto tempo. Ricordi che solo gli anziani riescono ad avere. Può sembrare paradossale che, coloro che sono maggiormente a rischio di dimenticare, siano la nostra unica fonte per poter conoscere determinati periodi e specifici vissuti.

La scorsa settimana ho avuto il piacere di lavorare con un gruppo di anziani, molti dei quali over 80 e, senza nessuna domanda diretta, hanno iniziato a parlare della guerra (la Seconda Guerra Mondiale, ovviamente) come se fossero ancora lì. E, in un batter d’occhio, ero lì anche io, con loro. Le descrizioni erano così dettagliate, così emotivamente colorate, che rendevano possibile a me che ascoltavo il poter immergermi in quei ricordi. Il suono dell’allarme e la corsa verso il rifugio, che poi non faceva sentire troppo al sicuro la struttura in sè, quello che faceva sentire più riparati era proprio la condivisione dell’esperienza, la condivisione della paura.

Io credo di essere stata fortunata, sono cresciuta ascoltando il racconto della Guerra. Mia nonna, classe 1925, 95 anni compiuti ad aprile, in piena pandemia, me la racconta sempre. Da sempre. Inizia con un suo: “Nini, ai tempi non era così…avevo 17 anni quando arrivarono a prendere nonno e zio…” e da lì continua con la descrizione della notte in cui il padre e lo zio vennero catturati durante una retata e messi in carcere per 90 giorni. Il loro reato? Non essere fascisti. Il racconto procede. Il tempo si ferma e torna indietro di quasi 80 anni. Esattamente come è successo ai partecipanti del gruppo di ascolto la scorsa settimana. Quel ricordo sembra essere indelebile nella loro memoria, come fosse stato marchiato a fuoco. Ma non è l’unico. Gli anziani spesso hanno vissuto sulla propria pelle la miseria, la fame. Hanno lavorato nei campi o nelle prime fabbriche. Le loro case erano prive di cose che per noi oggi sono ovvie e hanno potuto sperimentare quello che significa passare dalla crisi al boom economico. E oggi si ritrovano a vivere in un mondo fatto di post, motori di ricerca, follower.

Gli anziani sono una fonte costante di ricordi che rischiano di andare perse, se non ci mettiamo lì, ad ascoltare, a raccogliere quei dettagli che non troveremo sui libri di storia, semplicemente perché sui libri troviamo i fatti, non troviamo i vissuti. Non voglio dire che i fatti non contano. Anzi. Ma sono le emozioni che colorano gli eventi. E le emozioni riescono ad emergere quando i fatti vengono narrati, raccontati e raccolti da chi ascolta.Le emozioni sono fondamentali nella nostra esistenza. Ci permettono di prevenire il disagio e ci aiutano a stare meglio, favorendo buone relazioni e migliorano i nostri comportamenti sociali. Conoscerle e riconoscerle in sé, ci può aiutare a prevenire e risolvere i conflitti relazionali, favorendo comportamenti positivi e cooperativi.

Le storie, le narrazioni delle nostre storie, sono potentissime, riescono a tenerci in vita, proprio perché ci permettono di rimanere nei ricordi degli altri.

Una recente indagine statistica, mostra un incremento annuale dell’indice di vecchiaia, ossia del rapporto percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni ed il numero di giovani fino a 14 anni. Nella nostra Regione, nel 2019, l’indice di vecchiaia è di 204. Tradotto: ogni adolescente ha la fortuna di trovare un anziano dal quale poter ascoltare il racconto di un mondo che non c’è più ma che, in ogni caso, ha contribuito a rendere così com’è il mondo di oggi. Vogliamo perdere questa occasione? Beh, spero proprio di no!

Federica Giusti

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