Stress “buono” e stress “cattivo”
di Federica Giusti - venerdì 14 ottobre 2022 ore 08:00
Siamo spesso abituati a considerare lo stress qualcosa di negativo, da allontanare da noi e non provare.
Ma non è esattamente così. Immaginate di vedere lo stress disposto su una curva in cui, in basso a sinistra si collocano livelli bassissimi o nulli, e in basso a destra, al contrario, livelli elevati. Nella parte centrale, quella alta a sinistra della campana gaussiana, ci sono livelli di stress adeguati e sani.
Un livello di stress nullo ci fa essere inattivi, scarsamente motivati a fare. Mano a mano che tale livello aumenta, ci spostiamo verso una condizione di rilassamento che percepiamo come positiva e vantaggiosa, ma che non può essere permanente e duratura. Innalzando ancora un po' l’asticella e camminando figurativamente sulla nostra curva, ci spostiamo verso la zona di attività, nella quale, potenzialmente, possiamo raggiungere il massimo della nostra performance sia fisica che cognitiva ed emotiva.
Ed è lì che può far capolino la fatica. Ed è lì che dovremmo essere in grado di ascoltare il nostro corpo e la nostra mente e fermarci. Andare a ricercare uno stato di rilassamento che sia in grado di ricaricarci per permetterci, nuovamente, di essere performanti.
In realtà quasi mai ascoltiamo quel campanello d’allarme e andiamo oltre. Il lavoro non ci permette di staccare, abbiamo delle scadenze da rispettare e siamo indietro sulla tabella di marcia. La famiglia ci sta richiedendo più attenzioni e non possiamo mollare. Tra tutte le cose alle quali possiamo rinunciare, l’unica che vediamo è lo spazio per noi.
Così, a capo chino, andiamo avanti e camminiamo sempre di più sulla curva del nostro stress. Adesso il livello è alzato in maniera importante, un po' come quando si accende la spia della riserva del carburante sulle nostre auto. Siamo sempre in tempo a fermarci al primo distributore, dovremmo fare più rifornimento del previsto, ma possiamo recuperare.
Talvolta riusciamo a farlo. Talvolta no, perché sentiamo che è impossibile per noi mollare la presa. E affondiamo sempre di più i nostri piedi nel fangoso terreno dello stress “cattivo”. Passato il livello dell’esaurimento, ci avviciniamo sempre di più verso la coda della nostra gaussiana, che vede l’arrivo di ansia e panico, l’incremento della rabbia che raggiunge picchi importanti e ci apre le porte della crisi.
A quel punto non possiamo più nasconderci né fare finta di non vedere perché ormai abbiamo un elefante in soggiorno!
Provati da tutta questa situazione, proviamo a cercare aiuto o riparo in chi crediamo possa offrircelo. Ma siamo vulnerabili e poco lucidi e fatichiamo non poco a riprendere le redini.
Il fatto è che se vi chiedessi: “Rischieresti ogni settimana di dover chiamare il carro attrezzi per recuperare la macchina ormai a secco e ferma in superstrada?” probabilmente mi direste: “Certo che no! Appena vedo la spia della riserva accendersi, mi fermo e faccio rifornimento!”. Però, quando si tratta di fare rifornimento di energie per noi, non ci risulta così semplice fermarci e farlo!
Impariamo ad ascoltarci e a prenderci cura di noi. Se ci lasciamo andare rischiamo di impiegare molto più tempo per il recupero di quanto ne avremmo “perso” (se così vogliamo dire) stoppandoci prima.
Lo stress non è solo “cattivo”, lo diventa quando non lo ascoltiamo per lunghi periodi!
Federica Giusti