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lunedì 07 ottobre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Di cosa parliamo, quando parliamo d'amore

di Marco Celati - mercoledì 25 settembre 2019 ore 11:21

«Hai avuto quello che volevi dalla vita, nonostante tutto? Sì. E cosa volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla Terra». Raymond Carver, “Ultimo frammento”.

È all’inizio di “Birdman - o L'imprevedibile virtù dell'ignoranza”, un film con Michael Keaton -già interprete di Batman- nelle vesti di un attore hollywoodiano in declino, che tenta disperatamente di liberarsi dal personaggio che lo ha reso celebre, il supereroe Birdman. Per questo mette in scena a Broadway uno spettacolo teatrale tratto dall'opera What We Talk About When We Talk About Love di Raymond Carver, scrittore e poeta americano. I versi di Carver, citati all’inizio del film, furono pronunciati da Tess Gallagher, sua moglie, a conclusione del discorso commemorativo per la sua morte, nel 1988. Il film, visto in tivvù, non è male, è divertente e triste in egual misura. Come la vita, in fondo.

Nel 1977 Carver iniziò a scrivere un romanzo che voleva essere, come dirà egli stesso in un’intervista, qualcosa di molto diverso dai racconti scritti fino ad allora, considerati “minimalisti”, secondo una catalogazione e un’etichettatura che, oltretutto, non condivideva. Però il romanzo, del quale è rimasto solo un frammento, non verrà mai portato avanti perché Carver si rese conto di provare avversione per i testi troppo estesi. In seguito affermerà: «Un buon racconto vale quanto una dozzina di cattivi romanzi». Grande Carver! Condivido in pieno. Avercene, però, buoni racconti...

Davvero non lo sappiamo di cosa parliamo, quando parliamo d’amore. Per non dire della letteratura e tralasciando la vita. La vita che è fatta di amore o della sua assenza, come la letteratura è fatta di racconti buoni o insignificanti. E di parole. L’amore è cieco, a suo modo un danno. Finché non passa o non se ne guarisce. Eppure, se l’amore non ci fosse, il danno sarebbe peggiore. Quindi forse è per la riduzione del danno che ci s’innamora. Che si cerca l’amore e ci viene somministrato. L’amore è una rosa, che punge e profuma, che sia colta o non colta, che fiorisce e appassisce. Il sentimento vale in ogni caso. Non si sa cosa sia, né si riconosce quando capita. Quando siamo giovani, si spreca. Poi diventa una cosa che non si sa più fare.

Prima di coricarmi chiudo la porta a doppia mandata. Così nessuno può entrare mentre dormo. Solo la morte, se venisse nel sonno. Possiamo chiuderci soltanto alla vita e all’amore. Del resto per andarsene, la cosa migliore sarebbe addormentarsi e non svegliarsi più. Ma essere vivi vuol dire avere coscienza di sé. A volte penso che bisognerebbe scusarsi per come si è vissuto. Vorrei stare in una casa di mattoni, quelle che il tempo invecchia e migliora e dentro qualcuno che ti conosce e ti perdona.

Esiste l’Equazione di Dirac, dal nome del fisico nucleare che la rivelò. È detta anche equazione dell’amore, spiega la ragazza del Bar che l’ha tatuata sul braccio. Secondo la fisica quantistica, due particelle elementari che entrano in contatto si influenzano per sempre. Anche dopo che si sono separate e si trovano a distanza l’una dall’altra continuano ad interferire tra loro. Per questo è detta equazione dell’amore. Ma dice che sia una teoria sbagliata, anche in fisica. E chissà se l’amore è più una short story. Come questa.

Restava solo la tristezza negli occhi. E ricordi. La primavera che si scrolla di dosso l’inverno che in collina porta la neve e si resta confinati senza fare niente a guardare la valle e i monti lontani, oltre il cielo, blu oltremare. Finché l’estate, come un sentore, si preannuncia: le sere fresche, le finestre aperte, le luci accese, la fruttiera colma e sedersi davanti casa con il capo di lei sulla spalla. Adorava quelle sere. Il lavoro quotidiano finito. E nessuno più a disturbare, quel momento. Né mai. La casa era quella degli alberi da frutto, dove tornava e in piedi sulla soglia c’era lei, con il vento nei capelli biondo chiaro, in attesa. La donna che gli voleva bene e a cui ne voleva. L’unica che poteva dirgli: come mai ci hai messo così tanto?

A quei tempi orientarsi con le stelle era ancora possibile e, quando qualcuna cadeva dal cielo sulle colline, esprimere un desiderio ad occhi chiusi. Ma stanotte, lontano dalla vita, in quella stanza del motel, prima dell’alba, se ne stava alla finestra, con la tristezza negli occhi. Le nubi si ammucchiavano contro la luna. Aveva appoggiato la fronte al vetro e un brivido freddo gli trafiggeva il cuore. Ti amavo, pensava, ti ho amato tanto, prima di non amarti più. E poi si chiedeva, di cosa parliamo, quando parliamo d’amore? Forse abbiamo bevuto. Ma che dici, caro? Gli tornava in mente la donna con il vento nei capelli biondo chiaro che lo aspettava davanti alla casa degli alberi da frutto. Vuoi star zitta, per favore? Ricordava di averle detto. Bisogna essere ubriachi per parlare d’amore.

Marco Celati

Pontedera, Aprile 2019

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Il raccontino finale è ispirato e “copiato” da Raymond Carver. Ci sono estratti delle sue poesie: “Il momento più bello della giornata”, “Dove avevano abitato” e “Attesa”, dalla raccolta “Blu oltremare”. Oltre che riferimenti alle short stories “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” e “Vuoi star zitta, per favore?”. “Orientarsi con le stelle” è un’altra sua raccolta poetica. La foto ritoccata è di una casa dove ho abitato.

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati