In memoria
di Marco Celati - mercoledì 26 agosto 2015 ore 12:00
Paolo Pistolesi è morto a 37 anni. Parabrise: anche a me che lo conoscevo poco era noto con quel soprannome. Non so perché tutti lo chiamassimo così. Credo per via degli occhiali.
Mercoledì 24 agosto, verso la mezzanotte, ero al "Cinema sotto le Stelle", alla Villa Comunale. Controllavamo lo schermo che era stato messo al posto di quello bruciato. Presentava degli strappi lungo le cuciture e le asole di sostegno ed esprimevamo un po’ di preoccupazione per la sua tenuta, con il maltempo di fine estate che cominciava a manifestarsi.
Parabrise per caso era lì; uscì da un punto buio della Villa, si fermò e disse che le previsioni meteorologiche davano tempo buono in ripresa, facendo intendere che potevamo tranquillizzarci.
Risposi con un assenso brusco, alla toscana, e troncai lì il discorso, perché sono una persona "normale" e stronzo come tutte le persone "normali".
Ora penso che potevo trattenerlo, dirgli qualcosa, non so cosa, una parola che potesse allentare il senso di colpa e di inutilità che tutti ci portiamo addosso. E invece no.
Parabrise quella stessa notte ha compiuto il viaggio più lungo e se n'è andato, è rientrato nel buio che ci circonda. Nonostante le previsioni, non c'è stato per lui tempo buono e ora me lo ricordo così: che appare e scompare nell'oscurità della Villa, dopo averci detto che domani ci sarà il sole.
Che io sappia era una persona per bene, che campava del suo. Si avvertiva un carattere timido, introverso, ingenuo forse, sicuramente delicato. Un ragazzo di questa città è morto, altri come lui. E a noi, che restiamo vivi, rimane la memoria del suo strabismo, di quel suo apparire fragile, poco difeso e quel nomignolo spregiativo e affettuoso. E tutto questo ci mancherà e ne avremo rimorso e dolore. Per molti la vita è un torto: il nostro qual’è?
Marco Celati
Pontedera 26 Agosto 1994
______________________
Questo articolo comparve su Il Tirreno, nella rubrica "Voci della Città". Chiedo scusa ai familiari, ammesso che siano tra "i miei venticinque lettori", se questo "racconto" che ripropongo rinnoverà in loro un dolore mai sopito.
Tra gli anni ottanta e i novanta in città diverse giovani vite si persero: appartenevano ad una generazione che avvertiva un forte disagio esistenziale. Le "soluzioni" date da taluni di loro a quel disagio, alcune finite nella dipendenza da sostanze, non sono condivisibili, il disagio sì. Compatire, compatimento, compassione hanno assunto un significato paternalistico e stucchevole, odioso a volte. Eppure è l'empatia: sentire la passione, il patimento che gli altri sentono, quello che occorre per provare a comprendere, se non proprio a capire o far finta di. Per alleviare quel disagio sono state costituite cooperative e realizzati Centri: Il Ponte, La Bianca, oggi La Badia, Charlie telefono amico.
Spesso incontriamo il male di vivere e altro comfort fa per noi altro sconforto, scrive un poeta, persino il dolore più atroce si addomestica, canta una "cantantessa". Ma non si estingue. Specie in una societàin crisi.
A quelle vite sensibili e fragili che si spezzarono va, con il ricordo, il nostro rispetto e il nostro rimpianto.
Pontedera, 26 Agosto 2015
Marco Celati